Durante la sua prima uscita pubblica dopo l’esito delle votazioni politiche, Giorgia Meloni ha sottolineato che la priorità del nuovo esecutivo sarà quella di risolvere il caro delle bollette, affrontando la spinosa questione della crisi energetica ed economica per trovare il modo per arginarla. “Mi sto occupando delle bollette. Quella è la mia priorità adesso, il tema energetico” – queste le parole che ha concesso la politica ai microfoni della stampa.
Si ipotizza che il nuovo governo guidato dalla premier in pectore avrà davanti a sé diverse opzioni con cui cercare di contenere l’aumento dei costi, relativi alla voce consumi gas ed energia. A quanto pare la Meloni avrebbe in mente quale strategia applicare per evitare che i costi legati alle bollette finiscano per incidere ancora più pesantemente sulle tasche degli italiani.
Il nodo delle bollette, tra le priorità del governo Giorgia Meloni
Ma per poter concretizzare i propri piani, Giorgia Meloni deve attendere che le venga ufficialmente attribuito il suo incarico, dopo questo passaggio obbligatorio si attende che la questione delle bollette sia uno dei primi provvedimenti alla base del nuovo esecutivo, il quale potrebbe occuparsi della questione già nel suo primo decreto, che potrebbe essere firmato tra ottobre e novembre.
Probabilmente la prima mossa sarà quella di seguire la scia intrapresa con le misure del governo Mario Draghi, che potrebbero essere prorogate fino a marzo 2023. Infatti mancano i fondi per poter affrontare la questione in modo più dettagliato, e quindi potrebbe essere percorsa la strada del saldo e stralcio delle cartelle esattoriali con cambio di direzione dei relativi fondi Ue. Ma il nuovo governo italiano dovrà anche affrontare un’altra questione ostica: la decisione relativa al disco verde, che potrebbe portare a ricavare un profilo in riferimento alla tassa sugli extraprofitti, tramite i guadagni derivanti dall’imponibile.
Un altro nodo critico è quello che riguarda il piano Pitesai per la transizione energetica per estrarre gas con le trivelle nelle zone individuate come idonee. Ma il Pitesai è fermo da circa tre anni, anche se si attendeva da parte del governo Draghi la sua attuazione, per sopperire alla produzione nazionale di risorse prime che ha fatto registrare un brusco calo dall’inizio dell’anno sino ad oggi.