Catania – Un episodio sconcertante ha scosso le fondamenta della città di Catania, rivelando una faccia oscura di cui nessuno avrebbe mai sospettato. Sette giovani, originari dell’Egitto e residenti in Sicilia da tempo come minorenni, sono stati accusati di un crimine inimmaginabile che ha lasciato la cittadinanza senza parole: la violenza di gruppo ai danni di una ragazza di appena 13 anni.
Stupro di gruppo a Catania, cos’è successo il 30 gennaio
Questi ragazzi, fino ad ora considerati parte integrante e positiva della vita locale, conosciuti per la loro ordinarietà e integrazione nella società, si trovano ora al centro di un’accusa che getta una luce oscura sui loro passati apparentemente incolpevoli. Di loro, due sono già stati arrestati e altri due minori sono stati affidati a una struttura specializzata, mentre la comunità cerca di fare i conti con la gravità dell’accaduto.
La vicenda ha avuto luogo la sera del 30 gennaio, nei giardini di Villa Bellini, un luogo solitamente associato alla tranquillità e al relax. Qui, secondo le testimonianze, due membri del gruppo hanno assalito la giovane vittima, mentre gli altri impedivano al fidanzato di intervenire. Nonostante il trauma, la coraggiosa ragazza ha successivamente identificato un altro dei suoi aggressori, manifestando il forte desiderio che giustizia venga fatta.
Il DNA sui vestiti
Il caso ha preso una svolta decisiva quando le indagini hanno portato al ritrovamento di un secondo DNA sugli indumenti della vittima, confermando ulteriormente le accuse verso uno degli arrestati. Tuttavia, le telecamere di sicurezza presenti non sono riuscite a registrare l’aggressione, lasciando così spazio a interrogativi non risolti.
Questi giovani, alcuni dei quali erano riusciti a costruirsi una vita attraverso il lavoro nell’edilizia e la partecipazione a tirocini, avevano ottenuto il permesso di soggiorno grazie al loro impegno e alla volontà di contribuire attivamente alla comunità. Il tribunale di Catania aveva riconosciuto il loro impegno, approvando la loro richiesta di permesso di soggiorno per motivi di studio e lavoro.
L’accaduto ha lasciato la comunità in uno stato di shock, con molti che si chiedono come giovani descritti come di buona indole e integrati nella vita parrocchiale e comunitaria potessero commettere un atto così orribile. Uno degli aggressori, in particolare, descritto come una persona “dolce”, si trova ora a dover affrontare le conseguenze delle sue azioni, in un momento di riflessione sulla gravità del crimine commesso.
Mentre la città di Catania cerca di elaborare questo tragico evento, la comunità rimane unita nel sostegno alla giovane vittima e nella speranza che la giustizia possa prevalere, ristabilendo un senso di sicurezza e fiducia tra i suoi cittadini.