Dopo essersi presentata all’appuntamento per la vaccinazione, ha voluto precisare, che anche se non era una no-vax, è stata obbligata a vaccinarsi per non perdere il suo lavoro: questa la protesta della maestra Monica Chiavello, insegnante di scuola elementare. Per mettere in chiaro la sua posizione, la docente prima di sottoporsi all’inoculazione presso l’hub del Teatro della Gioventù di Genova ha scritto sul modulo del consenso una dichiarazione che ha scatenato la reazione dei medici.
La protesta della maestra sul modulo è suonata così: “Mi sento costretta a sottopormi a questa vaccinazione perché rischio il posto di lavoro. Accetto di essere vaccinata dal momento che, sotto coercizione e non per mia volontà, devo sottopormi come cavia in un vaccino in cui non credo a causa della sospensione dello stipendio. Non mi ritengo responsabile di eventuali danni o effetti avversi alla mia persona e in tal caso pretendo di essere risarcita dallo Stato”.
La sua contestazione ha trovato il disappunto dei medici dell’hub genovese che si sono rifiutati di sottoporla a vaccinazione, in quanto hanno ritenuto la sua dichiarazione non idonea. L’insegnante di scuola elementare su tutte le furie ha chiamato le forze dell’ordine, per poi far sapere che è intenzionata a procedere con una causa. La signora Monica Chiavello ha infatti incaricato il legale Daniele Granara di depositare alla Camera e al Senato la petizione con 27 mila firme di docenti, personale amministrativo e genitori che hanno dichiarato il loro “no” al Green pass a scuola.
Il Secolo XIX ha raccolto il grido di protesta della maestra che dopo aver espresso di essere stata obbligata alla vaccinazione tuonando sul modulo del consenso, si è vista negare la somministrazione del vaccino. “Non sono una No vax, sono contraria a questo vaccino che è sperimentale. […] Sono monoreddito, ho due figli: non posso permettermi di perdere il lavoro. Ho deciso allora di vaccinarmi specificando, però, di essere obbligata per poter continuare a fare il mestiere che amo, a stare con i bambini. E i medici non hanno voluto. Ho chiesto che almeno rilasciassero un foglio con scritto che non ero stata vaccinata, pur presentandomi, ma nemmeno questo è stato possibile”.
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La sua vicenda è simile a quella raccontata da Erica Matri del personale Ata, che come la maestra ha voluto contestare l’obbligatorietà a sottoporsi a vaccinazione, affidando al modulo del consenso informato tutta la sua contrarietà. La decisione di vaccinarsi dovuta a ragioni economiche, per non perdere il lavoro, malgrado la mancanza di fiducia per un farmaco a suo dire sperimentale è stata commentata da Erica Matri così: “Non posso spendere 200 euro al mese di tamponi, ne guadagno meno di 1.000 […]. Ci costringono a farlo. Se perdo il lavoro a scuola, a 48 anni dove vado?”.
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