Da ormai un anno Massimo Giletti si trova a vivere sotto scorta, dopo le minacce del boss mafioso Filippo Graviano in seguito ad una puntata del suo programma Non è l’arena. Nello speciale sulla mafia girato in Sicilia dal titolo “Abbattiamoli”, in onda il 10 giugno su La7, il conduttore ha raccontato la sua nuova vita con amarezza.
Anche Il Corriere della Sera ha raccolto lo sfogo del conduttore: “Vivo sotto scorta e sono stato lasciato solo da tanti colleghi. Se questa battaglia contro i boss, nel periodo del Covid, l’avessimo fatta in tanti, non sarei entrato nel mirino di Cosa nostra. Io vivevo nella libertà del motorino, oggi non posso più farlo. Ora trovo la scorta che mi ricorda il pericolo che vivo ogni giorno. Io cerco di non pensarci, ma è lì nella sua evidenza quotidiana. Non posso incontrare amici come e quando voglio. Non sono più quello di una volta”.
La solitudine di Massimo Giletti è trapelata anche dall’intervista concessa a NuovoTv, dove il conduttore ha rivelato come vive oggi. “Con un gruppo di carabinieri tutti i giorni: basta questo per intuire le difficoltà di vita pratica e di movimento. E poi pago il prezzo di una grande solitudine, anche perché siamo in pochi a scendere in campo”.
Massimo Giletti sotto scorta da un anno
La scorta assegnata al conduttore si deve alle minacce a lui indirizzate in seguito alla puntata di Non è l’area del 10 maggio 2020, quando Giletti senza alcun timore ha letto pubblicamente i nomi dei boss, che stavano per essere scarcerati durante l’emergenza pandemica, alcuni dei quali si trovavano al 41 bis.
Dopo quella puntata il boss mafioso Graviano, condannato per le stragi del 1992 e del 1993, è stato intercettato mentre in un carcere di massima sicurezza menzionava non solo Giletti ma anche il magistrato Nino Di Matteo. Il boss nel corso di quella conversazione avrebbe sentenziato: “Il ministro fa il lavoro suo e loro rompono il ca**o”. L’intercettazione da parte del Gruppo Operativo Mobile della Polizia penitenziaria ha scatenato clamore solo dopo che è comparsa nel libro-inchiesta “U Siccu – Matteo Messina Denaro: l’ultimo capo dei capi” scritto da Lino Abbate, il vicedirettore de L’Espresso.
Quelle parole minacciose del boss hanno riecheggiato anche sulle colonne da La Repubblica nel mese di luglio 2020, solo dopo mesi di distanza Giletti è venuto a sapere del pericolo. Dopo la scoperta, il conduttore ha dischiarato sulle pagine di La Repubblica: “Come minimo mi aspettavo che chi tiene le carte di queste intercettazioni, mi avvisasse. Spero che qualcuno mi risponda su questo. Apprendere da un giornale una cosa di questo tipo, mi lascia molto preoccupato. Mi preoccupa questo silenzio. Stiamo parlando di maggio. Siamo a luglio. Forse una telefonata me la sarei potuta aspettare da qualcuno. Perché nessuno mi ha avvisato? Perché chi è competente non mi ha avvisato? Come minimo c’era il dovere istituzionale di avvisarmi”.