Le indagini in corso sull’omicidio di Voghera che è costato la vita a Youns El Boussettaoui stano facendo emergere sempre più dettagli, tra cui gli stralci dell’interrogatorio di Massimo Adriatici. Dopo la sparatoria in piazza che ha fatto registrare una vittima, il 39enne di origine marocchina, pluripregiudicato e con problemi mentali, gli investigatori hanno ascoltato l’assessore alla Sicurezza del comune nel pavese.
Adriatici noto per la sua tempra da “sceriffo” girava per le strade della cittadina spesso con la sua pistola: una Beretta calibro 22 da cui è esploso il corpo che ha ferito a morte Youns El Boussettaoui. Dopo il tragico omicidio di Voghera, l’assessore Adriatici è stato sentito dagli inquirenti e durante il suo interrogatorio ha dichiarato: “Non volevo colpirlo, sono stato addestrato”. Da quanto emerso dagli stralci del suo interrogatorio resi noti dal Corriere della Sera, l’assessore avrebbe ribadito ai pm che non voleva uccidere la vittima ma che ha reagito alla sua aggressione.
Quella tragica sera El Boussettaoui stava disturbando i clienti del bar Ligure, lanciando sedie e bottiglie di birra, ma il suo comportamento era tollerato perché tutti conoscevano la condizione del 39enne con problemi psichici. Da quanto emerso dagli stralci dell’interrogatorio, Adriatici avrebbe rivelato: “Se avessi voluto sparare volontariamente, avrei esploso più colpi, sfruttando le caratteristiche dell’arma che consente di sparare più colpi in rapida successione. Posso affermare questo anche in virtù dell’addestramento che ho avuto da poliziotto”.
La Procura di Pavia ha voluto chiarire anche la detenzione del regolare porto d’armi poiché è stato appurato che le forze dell’ordine del comune più volte avrebbero segnalato al primo cittadino di Voghera la pericolosità dell’assessore sceriffo, che voleva garantire la sicurezza del comune. Il gip di Pavia ha ordinato gli arresti domiciliari per l’assessore nell’ambito dell’inchiesta dell’omicidio di Voghera, con l’accusa di eccesso colposo di legittima difesa, motivando la decisione con la seguente aggravante: Massimo Adriatici sarebbe incline spesso a delle “reazioni sovradimensionate nel caso in cui si trovi in situazione di criticità”.
Nella stessa ordinanza del gip si fa riferimento al fatto che Adriatici ha ammesso di aver estratto la pistola dalla tasca “in un momento in cui era ancora lucido e consapevole delle proprie azioni”, prima dell’aggressione della vittima. Inoltre viene messa sotto accusa il mancato discernimento del rischio, vista la disparità delle forze coinvolte: l’assessore avrebbe creato le condizioni che hanno portato all’evento nefasto. Vista la sua esperienza nelle forze dell’ordine, come esperto penalista ed istruttore delle forze dell’ordine, Adriatici avrebbe dovuto essere in grado di intuire il rischio in corso per prevenirlo. Vista la sua “reazione sproporzionata” sono stati confermati gli arresti domiciliari per Adriatici in una località segreta.
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