Tragico evento a Torino. Oggi, Alex Pompa, un giovane residente a Collegno, è stato recentemente condannato dalla Corte d’Assise d’Appello a sei anni, due mesi e venti giorni di reclusione. Secondo l’accusa, Pompa avrebbe ucciso il padre con diverse coltellate nel cercare di difendere la madre, attaccata durante una grossa discussione familiare.
La decisione della corte ribalta il verdetto precedente, dove Pompa era stato dichiarato innocente in base al principio di legittima difesa. Il pubblico ministero, Alessandro Aghemo, aveva originariamente richiesto una pena di quattordici anni, citando la gravità del gesto nonostante le circostanze attenuanti.
La dinamica degli eventi ha avuto inizio con una segnalazione telefonica ai carabinieri da parte di Alex, il quale aveva confessato l’atto. La situazione familiare si era deteriorata quando il padre, Giuseppe Pompa, aveva manifestato una violenta gelosia verso la moglie, ostilità scaturita da un innocuo gesto di un collega di lavoro nei confronti della donna, che aveva scatenato in Giuseppe un’ira incontenibile.
Secondo le testimonianze, la tensione era salita a tal punto che Alex e suo fratello Loris temevano per la propria vita e quella della loro madre. La difesa ha enfatizzato come l’atto fosse stato compiuto in un contesto di estrema necessità, per proteggere la famiglia da una minaccia immediata e letale.
L’avvocato difensore, Claudio Strata, ha espresso disappunto rispetto alla decisione della Corte d’Appello, soprattutto riguardo la richiesta di un’ulteriore valutazione delle testimonianze fornite dalla madre e dal fratello dell’imputato, già ritenute credibili in primo grado.
La famiglia di Alex non ha nascosto il proprio dissenso di fronte alla sentenza, proclamandone l’ingiustizia e rimarcando il loro sostegno incondizionato verso Alex. Maria, la madre del ragazzo, ha sottolineato con commozione che il figlio non è un assassino, ma piuttosto colui che ha agito per salvare la propria famiglia da un destino potenzialmente fatale.
Il caso di Alex Pompa solleva questioni complesse relative alla difesa personale e alla violenza domestica, evidenziando come, in situazioni di pericolo imminente, le azioni possano trascendere i confini della legalità. La sentenza emessa sta provocando un ampio dibattito sulla giustizia e sulla protezione delle vittime di abusi domestici. La famiglia ha annunciato l’intenzione di continuare a lottare contro la sentenza, auspicando un cambiamento nel sistema che possa prevenire altre tragedie simili a quella vissuta da loro e da altre donne vittime di violenza.
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